sabato 23 febbraio 2008

Jack Burton

Quella sera le facce del bordello dove era solito andare avevano una strana espressione, lo guardavano strano, fisso negli occhi, come , a lui sembrava in quel momento, non avevano mai voluto od osato fare.
Il barista che con le sue bottiglie di whisky era stato per anni il suo confessore, era pronto a vestire per l’ennesima volta i suoi paramenti profani. “ Quando la morte ti si appiccica addosso, tu sei l’ultimo vederla” pensava da qualche giorno il professor Jack Burton, “e tutti sembrano non vedere l’ora di svolgere la loro brava funzione di spettatori al grande spettacolo che andrà in scena”. Si sedette al tavolo in fondo alla sala fumosa, proprio dove si era seduto la prima volta che era entrato al Lily Black.
Era il suo modo di dire a quegli avvoltoi, che da anni chiamava per comodità suoi amici, che quella sera non voleva essere disturbato. Come quando non era ancora per tutti il vecchio Jack, quello che ogni sera si siede al banco e intrattiene discorsi sugli argomenti più vari, prima di salire al piano superiore per una mezz’ora di amore.
Il poco tempo che gli restava da vivere voleva dedicarlo solo a se stesso, alla parte migliore però, al professor Burton non al vecchio Jack. Era pur sempre un anatomo-patologo di fama internazionale.
Era una decisione che aveva preso d’istinto, nel momento esatto in cui il suo assistente gli aveva consegnato con gli occhi lucidi la cartella con le sue analisi, quelle che confermavano quel timore che per un medico della sua esperienza non ha bisogno di molte indagini per essere confermato.
Solo dopo essersi seduto si voltò indietro, poco più che uno sguardo al barista per ordinare il solito, doppio whisky senza ghiaccio.
“Ecco il grande professor Burton, come stai Jack? “ Era Norton Blain, direttore di una casa farmaceutica con la moralità di uno squalo. “Dovresti trovare il tempo di leggere quelle carte che ti ho lasciato in ospedale due settimane fa e , se non ti è troppo faticoso, apporvi la tua onorevole firma. Senza il tuo nome quella dannata ricerca non può essere pubblicata e il prodotto lanciato sul mercato. Ogni ora che passa io perdo milioni, tu mi risulta che il tuo l’hai gia avuto”. Il dottor Burton alzò lo sguardo verso Blain. Quante ore avevano trascorso insieme, giovani ricercatori entrambi; quante volte avevano bevuto un whisky quando in tante case già si stava facendo colazione. Eppure ora lo sentiva così lontano, nessuno di quegli attimi veniva a impedirgli di sentirsi infastidito. Si limitò ad abbozzare un sì con il capo e ad augurargli una buona serata.
Una giovane attrazione del locale aveva già accolto nel suo abbraccio il dottor Blain.
Il dottor Burton tornò a guardare in basso, con gli occhi tra le dita. Si ricordò ad un tratto di Margareth, come se il fresco viso si fosse specchiato per un attimo nel bicchiere.
La vide così com’era quando, giovane e fresca infermiera, prestava servizio nello stesso pronto soccorso di provincia dove il giovane Jack Burton imparava a fare il medico. Si amarono subito, in modo sincero e profondo. Ma per un brillante ricercatore di trent’anni una prestigiosa borsa di studio è forse meno sincera e profonda? Di sicuro sembra più importante.
Non l’aveva più rivista, solo, qualche volta, aveva chiesto di lei ad un vecchio compagno d’università rimasto a fare il medico in quel pronto soccorso.
“Cosa fa solo in un angolo il mio caro amico Jack? Cerca forse di non farsi vedere dal suo amico Saul?” Con Saul Barkly il dottor Burton aveva condiviso tutte le sere degli ultimi dieci anni, con rare eccezioni. Scrittore squattrinato con lampi di genialità che gli avevano permesso, qualche anno prima, di pubblicare qualcosa di decente; e di farsi poi mantenere per gli anni a venire da amici o presunti tali, abbastanza ricchi da potersi permettere un costoso animatore per i loro salotti. Moderni esempi di sensibilità per la cultura contemporanea.
Il professor Burton dimenticò così Margareth e fece cenno di sedersi all’amico,che pareva aver qualcosa di importante da raccontare. “ Vengo ora da casa di All, domani sera mi vuole assolutamente al party annuale della moglie. Sai quello in onore del padre, il vecchio senatore Charlize. A favore di non so quale ultima iniziativa benefica per l’Africa o il Sud America. Lo sai quanto odio quei party. E quanto odio la moglie di All. Ma sai anche che non posso permettermi di rovinare i miei rapporti con All e consorte”. Saul continuò ancora per una decina di minuti senza cambiare argomento, lontano dal prestare attenzione all’espressione, sempre più assente, del suo amico Jack. O forse, pensava il professor Burton, fingeva di non aver notato che qualcosa non andava. In fondo Saul non aveva mai fatto mistero del suo odio per tutto ciò che ha a che fare con la morte.
Ma anche per Saul c’era una bambina in costume nella solita camera al secondo piano, e Saul a quel genere di appuntamenti odiava essere in ritardo. Salutò Jack, si diedero appuntamento a più tardi. Al posto di Margareth, ora sul fondo del bicchiere ormai quasi vuoto ci stava Michy, compagno di giochi da bambino, il migliore amico che tutti hanno avuto da piccoli. Si erano separati mezzo secolo fa, quando, finite le scuole, MIchy aveva deciso di rimanere nel piccolo paesino dove erano nati. A fare l’allevatore di bestiame, come il padre e il nonno. Jack invece aveva lasciato l’Oregon per trasferirsi a studiare a New York. Avrebbe almeno potuto chiamarlo in tutti questi anni, di lui non sapeva più nulla da quando la signora Burton aveva smesso di scrivere lettere al figlio, per raccontargli quello che succedeva nel paese. E la madre del professor Burton era morta da almeno trent’anni.
Mentre pensava a tutto questo e a molto altro, le lunghe gambe di Molly gli si erano parate dinnanzi. Molly era da qualche mese la sua amante abituale. La preferiva, tra le tante ragazze del locale, perché era solita tenere per sé ogni opinione, ammesso che ne avesse qualcuna, che non fossero gli stupidi apprezzamenti ai quali il mestiere la obbligava. Non faceva domande e soprattutto non voleva risposte. Ma soprattutto non veniva mai a cercarti, semplicemente ti aspettava ogni sera nella solita stanza. Per questo il professor Burton fu stupito di vedersela comparire davanti. Alzò gli occhi dal bicchiere, come a chiedere che cosa volesse. Lei lo guardo fisso negli occhi, in un modo diverso da quando i loro occhi si incontravano nell’atto amoroso. “Questo posto è triste, e ci si sta bene se si è felici. Chi è triste non va in posti tristi. Chi ha paura ed è triste torna a casa e vi rimane, perché l’animale ferito dal cacciatore sa che solo nella tana sarà salvo. O quantomeno morirà in pace”. Il dottor Burton non si era accorto che Molly lo osservava da ore, da quando cioè era entrato nel locale. Sentì in quel momento tutto il peso della condizione di animale ferito, scosso da un fremito uscì dal locale. Si trovò in strada, salì in auto e prese a vagare per le strade deserte di San Diego pensando alle parole di Molly. La sua tana, qual’era? Si rispose che la sua tana era quel posto dove nulla mai lo aveva spaventato. Dove mai nel sonno oscure paure l’avevano colto. In poco più di un quarto d’ora era all’aeroporto.
Dopo poco più di tre ore un distinto signore prendeva in affitto una camera in un anonimo alberghetto di provincia, in un paesino a trenta chilometri da Salem, nell’Oregon.
Salito in camera, sedutosi sulla poltrona che stava in fondo al letto sentiva quella paura, che da anni lo prendeva, da molto prima cioè di scoprire di essere malato, che svaniva. Per la prima volta, dopo anni, si coricò senza aver preso tranquillanti, e intanto immaginava che la mandria che vedeva dalla finestra fosse quella di Michy, o di suo figlio, o di suo nipote. E che quando sarebbe stato così male da dover andare in ospedale, avrebbe trovato un’infermiera giovane e fresca come Margareth ad assisterlo.
Pochi mesi dopo, la prima pagina dei grandi quotidiani riportava la notizia della morte del professor Jack Burton, emerito della cattedra di Anatomia Patologica alla School of Medicine dell’università di San Diego e visiting professor in molte altre università.
Nella ultima pagina del suo diario: questi campi e questi pascoli sono stati la porta verso la Terra per il piccolo Jack. Il vecchio Jack tentò di ritornare piccolo, per passar attraverso la stessa porta, per raggiungere il cielo.

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